“FLUSSI”
21 ottobre 2013 – Teatro Vittoria, Torino
ORE 21.00
RUGGERO LAGANÀ
THE LOVE SONG OF
J. ALFRED PRUFROCK
Testo di T. S. Eliot
1° esecuzione assoluta
A DEDICATION (TO MY WIFE)
Testo di T. S. Eliot
1° esecuzione assoluta
GIULIA MIA, LE FILIPPINE!
Testo di S. Cappelletto
1° esecuzione assoluta
Fiarì Ensemble
Luciano Condina flauto, Gianluca Calonghi clarinetto, Paolo Volta violino, Massimo Barrera violoncello, Gianluca Angelillo pianoforte, Riccardo Balbinutti e Andrea Vigliocco percussioni
Marilena Solavagione, direttore
Sonia Grandis e Lorenzo Fontana, attori
Ayumi Togo, soprano
Ruggero Laganà |
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La canzone d’amore
di J.Alfred Prufock
(per voce recitante
clarinetto, pianoforte, percussione, violino e violoncello)
testo di T. S. Eliot –
musica di Ruggero Laganà
Eliot fa uso della
tecnica cosiddetta "flusso di coscienza" ed è spesso
difficile determinare quali passi siano da interpretare letteralmente
e quali siano simbolici, quali siano reali e quali facciano parte
dell’inconscio. Inoltre i passaggi tra i vari pensieri sono
prevalentemente psicologici piuttosto che logici; per questo l'uso
del verso libero. Innanzi tutto il testo non è una canzone d'amore:
per Prufrock l'amore non è possibile, poiché vive la crisi
dell'uomo del primo ‘900, incapace di affrontare i cambiamenti e
avverte il male di vivere. Si rivolge ad un destinatario
imprecisato, un ascoltatore silenzioso. Il dilemma che opprime
Prufrock è l'inabilità a vivere un'esistenza significante nel mondo
moderno, riassumendo la frustrazione e l'impotenza dell'uomo dei
nostri giorni. Pufrock sembra rappresentare desideri contrastati e
moderna disillusione. Con l'avanzare della poesia prevalgono immagini
d'invecchiamento e decadenza; diventano chiare la rinuncia alla
fondamentale domanda e il riconoscimento della propria, mesta figura,
indegna ed incapace di turbare l'universo. Egli si paragona ad un
cortigiano, persino ad un buffone, figura comica e marginale, non in
grado di porsi come protagonista della Vita.
Il melologo si presenta
in 6 quadri (corrispondenti ai brani con pianoforte, violino,
violoncello, percussioni e clarinetto, che assurge simbolicamente al
canto/voce di Prufrock). La percussione accompagna il testo della
canzone recitato e svuotato quasi di riferimenti sonoro/musicali
determinati, lasciando un senso di smarrimento e di vuoto. Alla fine
di ogni stralcio del Poema il commento strumentale crea l’atmosfera
interiore suggerita dalla recitazione e prepara alla successiva parte
del testo di nuovo accompagnato solo da una diversa e spoglia
percussione.
Durata 35 minuti circa
Thomas Stearns Eliot |
A Dedication
( per soprano solo)
testo da R. M. Rilke –
musica di Ruggero Laganà
Di altra solitudine ed
estranietà si tratta. Ho tratto un testo da una meravigliosa poesia
di Rilke: “Orfeo, Euridice, Ermete”. In essa la discesa agli
inferi di Orfeo per ricondurre alla vita Euridice è completamente
stravolta rispetto al mito. La risalita dall’Ade di Euridice (amata
e compianta dall’inconsolabile Orfeo dopo la sua morte) avviene
secondo il racconto che conosciamo: accompagnata da Ermete, segue
Orfeo che sale per primo e mai dovrà voltarsi pena l’impossibilità
di far rivivere la sposa. Viceversa, inspiegabilmente, ciò accadrà
ed Euridice tornerà per sempre nel regno dei morti.
Il perché ciò avviene
è spiegato e descritto da Rilke mirabilmente ed appare sconcertante
e nuovo:
Euridice è morta e pur
nel tentativo di ritorno alla vita non è più la donna amata da
Orfeo; colma di morte, è estranea a se stessa e all’amato, spenta,
procede, ma non sa nemmeno dove e perché. Orfeo evidentemente se ne
accorge, anche se tutto ciò non è detto, e comunque si volta e
guarda decisamente e volontaristicamente Euridice perché sente ormai
l’impossibilità di ritrovare la stessa in lei la stessa donna e in
sé la stessa passione, la stessa vitalità, lo stesso sentimento: la
morte è avvenuta e non si ritorna indietro.
E’ incredibile
l’esclamazione di Euridice allorché sgomento Ermete annuncia che
Orfeo si è voltato: “Chi?” dice Lei, non capendo nulla
dell’accaduto nella sua chiusura e non provando nessun dolore nel
riprendere la via del ritorno , senza fretta, inciampando nelle sue
bende, mite.
Ho affidato tutto alla
voce femminile: l’esteriorizzazione dei cambiamenti dei paesaggi
esteriori dei luoghi attraversati ed interiori dei personaggi. Nelle
varie sezioni del brano si incede dal basso all’alto e i registri
della voce sono legati ai tre protagonisti che interrompono il
rintocco dei passi del lento e, alla fine inutile cammino, per
descriverne le differenze di intenzione, di pensieri, di propositi.
Durata 10 minuti circa
Rainer Maria Rilke |
Giulia mia , le
filippine !
(flusso nervoso per
voci femminili, cellulare ed ensemble strumentale)
testo di Sandro
Cappelletto - musica di Ruggero Laganà
Ho sdoppiato la voce in
recitazione e canto. Situazione tipica dell’attualità: donna
restata sola che, al cellulare, si lamenta di tutto, delle ragazze
che si susseguono come domestiche, degli ex-fidanzati, delle vacanze
imminenti che non sa con chi e dove fare... in un ininterrotto flusso
di parole bruscamente interrotto da una sorpresa finale non proprio
piacevole. La cantante (sua voce interiore) intona e sottolinea solo
alcune parole di tale flusso amplificandone il senso. Con la musica
mi diverto a commentare, a marcare l’essenziale di questo fiume
verboso di strampalata comunicazione, a riderci amaramente un po’
sopra e a rendere estraniato tutto il pathos della telefonata per
quello che è: uno sfogo un po’ isterico, un po’ delirante, di
una “piccolo borghese”, cittadina, schiava del consumismo e
inguaribilmente alienata. E’ apparentemente il contrario della
telefonata drammatica, sempre di una donna che sta per essere
abbandonata, della Voix humaine di Jean Cocteau (musicata da Poulenc), ma nello sconclusionato, nervoso sproloquio detto, sussurrato,
urlato al cellulare si sente un vuoto che ci ricorda molte situazioni
dell’oggi e che, se fa sorridere, ci intristisce comunque un
po’.
Durata 20 minuti circa
Sandro Cappelletto |